UPF: cosa sono e perché farne un uso moderato

Riconquistare una relazione consapevole con il cibo implica anche ritornare a considerare il cibo nella sua integrità e andare oltre le tabelle nutrizionali che ce lo fanno includere o bandire dalla dieta solamente perché contiene un dato nutriente o perché ci fornisce un certo apporto calorico.

I cibi sono come noi: complessi. Per quanto il corpo umano sia costituito per il 70% circa di acqua e contenga idrogeno, ossigeno, carbonio e decine di altri elementi chimici ancora, questo non vuol dire che se shakeri in una settantina di litri di acqua la tavola periodica degli elementi di Mendeleev ottieni un corpo umano. Quell’acqua e quei componenti sono organizzati in un’architettura, ed è quell’architettura che ci identifica. La stessa cosa vale per il cibo. Una banana non si riduce alla somma di 89% carboidrati + 4% grassi + 7% proteine.

l cibi non solo contengono ben più dei nutrienti elencati nelle tabelle nutrizionali presenti sulle etichette: i cibi sono complesse strutture costruite su acqua, fibre, nutrienti, molecole di sapore, vitamine, minerali, polifenoli e miriadi di altre molecole che ancora non conosciamo.

Ogni cibo ha una sua specifica struttura che lo contraddistingue, detta matrice. Come ci sono cibi differenti, ci sono matrici differenti: ci sono matrici liquide (tipo quella del succo di arancia), gel (per esempio quella di una gelatina d’uva), emulsioni (la maionese), cristalli (lo zucchero) e tante altre strutture ancora.

Due cibi con ugual composizione nutrizionale, ma differente matrice, esercitano differenti effetti sul nostro organismo e metabolismo.

Prendiamo per esempio il pane, spesso oggetto di controversie relative al suo contenuto di glutine. Se consideriamo due fette di pane che si differenziano l’una dall’altra per la sola densità della mollica, densità che dipende dai tempi di fermentazione e cottura, le loro tabelle nutrizionali sono le stesse ma, tanto più alta è la densità della mollica e tanto più basso è l’indice glicemico e alto il potenziale di sazietà e la concentrazione glutinica. Stessa composizione, differenti matrici, differenti effetti fisiologici.

La matrice di un cibo influenza il come e quanto il nostro organismo riuscirà ad estrarre energia e nutrienti da quel cibo: per cui sapere che in un muffin, per ogni 100g ci sono 227 calorie, con 1,7 g di grassi, 44 g di carboidrati e 8,9 g di proteine non è sufficiente. Il conto nutrizionale va completato con l’informazione relativa alla matrice, poiché è la matrice a determinare per quel particolare cibo, quanto di ciascun nutriente il tuo organismo può digerire e assorbire, nonché come ciascuno di questi nutrienti può influenzare i tuoi livelli di zucchero nel sangue e il tuo profilo lipidico. Insomma, c’è muffin e muffin.

Poiché la matrice del cibo è altamente influenzata dal tipo di elaborazione a cui questo è sottoposto, individuare il potenziale salutare di un cibo vuol dire innanzitutto considerare il suo livello di trasformazione (processing) e, in particolare, distinguere fra cibi trasformati ed altamente trasformati, o UPF (ultra-processed foods).

Senza scomodare il dettaglio della classificazione NOVA dei cibi, le forme di trasformazione del cibo che per millenni, e fino alla metà del secolo scorso, hanno costituito la totalità delle tecniche di conservazione, preparazione e cottura degli alimenti – vale a dirsi le tecniche della cucina casalinga che sì alterano la matrice posseduta dal cibo al suo stato naturale, ma non ne comportano una sua totale degradazione –, sono da considerarsi processi che producono cibi minimamente trasformati, o cibi trasformati.

Differente e decisamente recente è invece la storia degli UPF, gli ultra-processed food, o cibi altamente trasformati (o altamente processati): i cibi industriali, frazionati e ricombinati, con cui la cultura della convenienza ha invaso i nostri supermercati dal secondo dopoguerra in poi che, la cui matrice è assolutamente artificiale.

Sempre più numerosi studi dimostrano che il consumo di UPF è associato ad un significativo rischio di sviluppare disabilità e malattie croniche di varia natura, fra cui:

  • aumento del peso/obesità, adiposità

  • disturbi neurocognitivi

  • dislipidemia

  • diabete tipo 2, sindrome metabolica

  • ipertensione

  • cancro in generale e cancro al seno

  • malattie cardiovascolari

  • sindrome dell’intestino irritabile (IBS), dispepsia funzionale, altri disturbi gastrointestinali

  • sintomi depressivi, problemi mentali

  • malattie autoimmuni, artriti

  • mortalità precoce

Se ci mettiamo a guardare gli UPF un po’ più da vicino, questi risultati non sono poi così sorprendenti, infatti ci ritroviamo di fronte a prodotti, che alcuni considerano non-cibi, che non si distinguono certo per la loro qualità.

Prodotti altamente palatabili che creano dipendenza; ad alto contenuto energetico ma basso profilo nutrizionale; a lunga conservazione (grazie alla presenza di elevate quantità di zuccheri, grassi e sale) non solo in dispensa, ma anche nel nostro corpo; ad elevato contenuto di ingredienti che raramente – o mai – sono presenti nella cucina di casa, come aromi, emulsionanti, coloranti, esaltatori di sapidità, dolcificanti, tutti componenti usati per nascondere i veri sapori indesiderati (sia quelli degli ingredienti usati, sia quelli derivanti dal processing o dal packaging) o per far assomigliare questi non-cibi a quelli che pretendono di sostituire.

Negli UPF, che sono il risultato di processi industriali che sottopongono gli alimenti ad alte temperature, pressioni, fluidificazioni che nulla hanno a che vedere con le tecniche di cucina tradizionali, il prodotto naturale contenuto è minimo, quando non completamente assente, e spesso sostituito da componenti estratti dal cibo vero, come caseina, lattosio, glutine, nonché derivati del processo di lavorazione come gli oli idrogenati. In pratica: un vago ricordo di cibo.

Purtroppo, a differenza di quanto si potrebbe pensare, non soltanto quello che consideriamo junk food appartiene a questa categoria. Numerosi cibi considerati salutari, come per esempio le bevande vegetali, che spesso si preferiscono al latte per paura dei grassi animali, possono rientrare nella categoria UPF.

In uno studio condotto sui prodotti dei supermercati francesi, dei 25000 prodotti considerati (esclusi alcol e cibi per neonati):

  • 67% erano UPF

  • 54% dei prodotti confezionati erano altamente processati

  • il numero medio di ingredienti per ciascun prodotto era > 10

  • 85% dei prodotti con più di 5 ingredienti erano UPF

Sempre in questo studio, fra le 81 categorie di cibo definite, 6 contenevano un’elevata percentuale di UPF:

  • 94% della carne salata

  • 95% dei piatti pronti cotti

  • 95% degli yogurt aromatizzati e formaggi bianchi

  • 81% delle barrette energetiche e gourmet

  • 80% dei cereali per la colazione

  • 87% dei piatti vegetariani

Non essendoci alcuna legislazione che richieda ai produttori di indicare se un cibo sia un UPF, come possiamo riconoscerli?

Ecco alcune regole per stanarli:

  • conta il numero di ingredienti, se ce ne sono più di 5 è altamente probabile sia un UPF;

  • appena nell’etichetta trovi ‘olio parzialmente o totalmente idrogenato’ o uno degli ingredienti sopra citati e che non si usano abitualmente nella cucina casalinga, è un UPF;

  • attenzione a non farti ingannare dalla pubblicità che si concentra sulla composizione nutrizionale per farteli percepire salutari, soprattutto abbi un occhio di riguardo per le sei categorie di cibo sopra elencate, ovvero le più a rischio di essere UPF;

  • considera anche la provenienza del cibo. Dobbiamo conoscere i nostri percorsi alimentari (leggi il mio articolo su Le regole per scegliere un cibo di qualità);

Concludo con una riflessione. Il successo riscosso da questi prodotti è in buona parte legato al messaggio che negli ultimi decenni l’agribusiness veicola, ossia “preparare il cibo è una rottura, l’obbiettivo importante da raggiungere è avere tempo libero”. Compiere scelte consapevoli vuol anche dire soffermarsi sulle implicazioni di questo messaggio. Il business alimentare ci dà quello che vogliamo, e tu, concretamente, cosa chiedi al mercato con le tue scelte? Quanto le tue scelte sono guidate dalla convenienza e quanto dalla qualità? Indipendentemente da quello che vogliono farti credere le varie campagne pubblicitarie, la convenienza di un cibo pronto è davvero sinonimo di qualità nella tua vita?

Una vita di qualità è fatta di relazioni di qualità. Una relazione di qualità con il cibo è fatta di tempo ed energie spese a suo contatto, per conoscerne la provenienza, sceglierlo, prepararlo e cucinarlo. Riscoprire questo contatto che ha fatto parte della quotidianità dell’uomo per millenni e che l’era della fretta ha spezzato, è il miglior fattore protettivo contro i messaggi che pubblicizzano libertà ma vendono dipendenza.