Identikit mentalimentare della ferita da umiliazione

Tu vuoi essere liberə? Starai pensando che è un po’ come chiedere se vuoi respirare. «Ma che domande fai? Ovvio che desidero essere liberə, chi non lo vorrebbe?»

Ebbene, io ho imparato a diffidare di quello che la mia mente conscia mi dice essere ovvio.

Tutti quanti crediamo di volere la libertà, ma in realtà, chi più chi meno, tutti ne abbiamo una gran paura.

In particolare per chi soffre della ferita da umiliazione, non esiste paura più grande.

E questo succede, soprattutto se da bambinə i tuoi genitori non ti hanno quasi mai permesso di fare ciò che desideravi, magari impedendoti di frequentare gli amici che avresti voluto tu, o riempendoti di responsabilità in casa con fratelli e faccende domestiche.

Non essendo abituatə alla libertà però succede che appena senti che nessuno ti mette i bastoni fra le ruote, ti dai alla pazza gioia, non hai più limiti, e la tua regola diventa il troppo: compri troppo, cucini troppo, bevi troppo, parli troppo. Mangi troppo. E quando ti comporti così provi vergogna di te, sentendoti umiliatə dagli sguardi e dalle osservazioni altrui.

Ecco allora che essere liberə diventa un problema, perché non avere limiti vuol dire ritrovarsi a perdere il controllo e fare un qualcosa di disdicevole per cui venir punitə, mortificatə, svergognatə.

Punitə come quella volta che a casa stavate aspettando ospiti e, vestitə di tutto punto, ti sei sporcatə i vestiti andando a giocare nel fango, e mamma, non contenta di metterti in castigo, ha pensato bene di sottolinearti l’imperdonabile indecorosità umiliandoti di fronte agli ospiti con la sua ramanzina.

Mortificatə come quando la mamma o la maestra ti rimproverava di mangiare più degli altri bambini.

Svergognata come quando da ragazzina ti hanno detto che le tue movenze naturalmente sensuali erano quelle di una poco di buono.

Insomma, hai imparato che tutto ciò che è piacere per i sensi è da condannare. Hai imparato a condannarti da solə, prima che lo facciano gli altri, illudendoti così di poter prevenire il dolore.

Fin da piccolə ti hanno insegnato che godere del cibo è male, che è da egoista pensare prima di tutto al tuo appagamento, e che al primo posto nella vita di una persona ‘come si deve’ c’è sempre la felicità altrui.

E così ti carichi di mille responsabilità, senza che peraltro nessuno te lo chieda, e ti ritrovi a lamentarti dicendo cose del tipo: «Sono stufə di farvi da serva», ma poi è più forte di te, e non puoi che continuare a ripeterti nella tua dedizione. Una continua dedizione che non riceve quasi mai riconoscimento.

E quando gli altri non ti gratificano, in cosa ti rifugi? Nell’amato odiato cibo.

La ferita da umiliazione ti porta a rivolgerti pensieri denigranti e a sentirti in colpa ogni volta che mangi, soprattutto per ciò che credi ti faccia ingrassare.

Puoi dirti cose del tipo: «Sto di nuovo mangiando qualcosa che mi fa ingrassare», «Sono un maiale», o «Sono troppo golosə», e quel tuo continuo svalutarti arriva a farti pensare che non riuscirai mai a dimagrire, e allora perché mai non farti una coccola ipercalorica? In un attimo, il tuo giudizio impietoso sminuisce, quando non vanifica, tutta la fatica e l’impegno messi fin lì.

Tendi sovente ad andare agli estremi: o mangi a quattro ganasce o ti concedi solo piccole porzioni. Il mangiare in piccole quantità, lì per lì ti rassicura, perché il non mangiare tanto ti salva dalla vergogna. Ma di già che a una piccola porzione ne segue un’altra e poi un’altra e un’altra ancora, alla fine comunque mangi più di quanto ti richiederebbe il tuo corpo… a saperlo ascoltare!

Ti può capitare di mangiare di nascosto, peraltro senza neanche renderti bene conto di ciò che mangi.

Mangiare in piedi, vicino al piano di lavoro in cucina ti dà l’impressione di mangiare di meno di quanto faresti se ti concedessi di sederti a tavola.

Ami gli alimenti ricchi di grassi e il cioccolato, guarda caso proprio quelli che ti fanno provare più vergogna di ogni altro.

I dolcumi ti vergogni persino a comprarli: quando vai al supermercato a fare la spesa e ti ritrovi alla cassa con un carrello pieno di dolcetti non puoi fare a meno di sentirti a disagio per quello che gli altri possono pensare di te.

Se ti ci rivedi pienamente in quanto ho detto fin qui, sappi che la Bourbeau ti direbbe che (non sempre, ma spesso) indossi la maschera del masochista.

Se invece ci ho preso abbastanza ma hai qualche dubbio, poiché il corpo è fedele riflesso di ciò che accade in noi, ti lascio qui sotto il ritratto del masochista (ritratto che è tanto più fedele quanto più è profonda la ferita).

Immagine raffigurante due corpi nudi, uno maschile e uno femminile, con i tratti tipici di chi soffre per  la ferita da umiliazione.

Il corpo è tendenzialmente grasso e rotondo e di statura bassa. Se soltanto una parte del corpo è grassa e rotonda allora vuol dire che la ferita non è particolarmente profonda.

Ti riconosci in buona parte di tutto questo?

Se sì, lo sai vero che solo l’amore per te stessə può farti uscire dalle tue prigioni?

E allora inizia con il domandarti questo: c’è qualcosa che posso fare per abbandonare la mia tendenza ad autoumiliarmi? C’è qualche responsabilità di cui mi sono caricatə per sentirmi una personcina ‘per bene’ e che posso permettermi di abbandonare?

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